venerdì 4 dicembre 2015

"I Jardina non esistono più" di Rino Giacalone - intervista per cercare di far capire cosa rischiamo per il nostro futuro, se non dovessimo frenare il consumo di suolo e la cementificazione della terra.



Sull'isola di Favignana, esattamente in paese, c'è una zona chiamata della Badia che era famosa per i suoi antichi mulini, le pirrere (cave) e i suoi jardina con le sue piante di chiappara (capperi), terreni pieni di alberi da frutta, limoni, aranci, ulivi, melograni, ficare, vitigni, ma anche orti, quindi melanzane e pomodori nel periodo estivo.
Oggi questi jardina non esistono più, o quasi. "Oggi - ci dice il consigliere comunale Michele Rallo rispondendo alle nostre domande frutto di semplice curiosità - in tutto il paese rimangono solo pochissimi esempi di questi ancestrali e bellissimi scrigni di biosfera nascoste agli occhi della gente, dato che i jardina sono sempre racchiusi al di dietro delle abitazioni tipiche di Favignana. Un luogo che caratterizava il paese di Favignana, un aspetto culturale antropologico di questa isola, dove quasi ogni casa racchiudeva un jardino.
Negli ultimi decenni questa caratteristica dell'aspetto del paese che si fonde con le radici culturali di questa comunità è stata sostituita dal cemento e il consumo di suolo. Lottizzazioni, residence, villaggi, ville, prati all'inglese e piscine". L'isola capoluogo delle Egadi sembra essere messa in pericolo, la rincorsa a garantire casse floride per la cosa pubblica pare produrre conseguenze pesanti, ancora Michele Rallo sostenuto nelle sue parole da un altro consigliere comunale Linda Guarino: "Il territorio, la terra è oggi più che mai oggetto di scambio per una rendita immobiliare più remunerativa.
 Non vogliamo ledere il sacrosanto diritto di un isolano e non, di costruirsi una casetta per viverci, o realizzare il sogno della propria vita. Questi sono diritti sacrosanti inviolabili, sia dei cittadini di questa comunità, che sono l'hummus dell'isola, ma anche dei tanti amanti di questi luoghi. La mia riflessione si rivolge altresì alla svendita dei jardina, dei terreni, della terra viva, per farla diventare una cosa morta, distruggendola per sempre costruendo grandi complessi immobiliari, realizzando grandi affari". Non è una scena nuova è accaduta anche altrove, dagli anni del famoso sacco di Palermo sino ad anni recenti a Trapani dove terreni agricoli sono diventati di colpo edificabili e sono tanti gli esempi del passato dove su queste speculazioni c'è stata l'impronta lasciata dalla mafia. Le parole di Rallo e Guarino sono legate a qualcosa di attuale. "C'è una recente richiesta di realizzare una super lottizzazione in Favignana, di quasi 30 abitazioni. Richiesta ancora bloccata tra giunta e consiglio comunale per questioni di competenza. Ma nel frattempo quasi 50 altri appartamenti sono in costruzione, 25 in fase di rifinitura, e altri 20 appena autorizzati.
Con un calcolo semplice fissando un prezzo di mercato a euro 200mila per casa (i prezzi di mercato sono nettamente superiori) aggiungendo anche le altre villette che si vogliono realizzare con la lottizzazione, parliamo di un affare di ben 16 milioni di euro che si sta consumando in questi giorni sull'isola. E ripeto sono molti di più perchè i prezzi delle case sono nettamente superiori.
 
Dove va a finire questo fiume di danaro? Oggi Favignana è piena di case vacanze, residence, multiproprietà, villette con il prato all'inglese; senza dubbio economia per questo paese che vive ormai quasi esclusivamente di turismo, verissimo. Peccato che questa economia non risulta essere residente, tranne pochissime eccezioni ma molto limitate. Quei 16 milioni vanno via dall'isola, qui rimangono solo le briciole". A Favignana non resta nulla, come mai?
"Qui a Favignana non si costruisce con manodopera residente o quasi, gli imprenditori sono quasi tutti grossi squali e vecchi lupi del settore immobiliare, preferiscono prendere manodopera non residente. Le villette o case non sono alla portata delle tasche dei residenti, qui non nasce la casa desiderata dall'isolano, ma è un mercato rivolto esclusivamente al nord, ad altri mercati. I prezzi sono gonfiati e fuori dal mercato per le tasche di chi lavora solo per sei mesi l'anno. È evidente che saranno destinate a turisti che l'apriranno se tutto va bene 15 giorni l'anno e decideranno di affittare per il resto della stagione.
Ma anche gli affitti per i residenti rimangono inaccessibili, per loro i prezzi sono tenuti la maggior parte dei casi elevati per non dare le case. E in molti casi queste stesse persone si rivolgeranno al comune per chiedere un contributo affitto".
 
Ma costruire strutture ricettive significa offrire per la gestione occasioni di lavoro ai residenti? "Si questo è vero - rispondono Rallo e Guarino -. È lavoro e non si caccia via nulla.
Ma cè anche qui un prezzo da pagare.
La maggior parte dei casi i ragazzi che andranno a lavorare in questi posti, salvo eccezioni, verranno pagati a part time per poi lavorare 12 ore al giorno. Questa è una prassi da queste parti, anche se nessuno vede. Certo loro ti danno il lavoro e bisogna solo ringraziarli. Altrimenti se si arrabbiano i grandi imprenditori, gli squali, quelli prendono romeni, gente non comunitaria che pagano quattro danari. Ovviamente non è sempre così, ma è bene parlare anche delle cose che non vanno, piuttosto di far passare questa comunità come un luna park".
Intanto il Consiglio e la Giunta comunale sono alle prese con le progettazioni sull'area dei cosidetta Jardina. "Sono destinati a sparire sotto il cemento delle villette dei vacanzieri - dice Rallo - che si trasforma in un fiume di danari per i grossi imprenditori. Ci verrebbe da dire - aggiunge Guarino - più jardina e meno prato inglese, ma sappiamo che non servirebbe a nulla. Qui ci vogliono strumenti urbanistici seri e lungimiranti che diano una regola per tutti. Qui ci vuole quel tanto sbandierato piano regolatore generale accompagnato dal piano regolatore delle spiagge che determini e fissi dei limiti a questa espansione del cemento. Che si dica la parola fine alle continue autorizzazioni a lapidare la nostra isola, che si ritroverà sempre più senza acqua, senza fogne e senza strade.
 
Avevamo sentito alle ultime amministrative niente più lottizzazioni, niente più cementificazione, programma casa per le giovani coppie residenti. Che fine hanno fatto questi desideri a cui noi tutti avevamo creduto con tanto entusiasmo.
Perchè siamo rimasti impigliati nella rete degli squali e lupi, pronti a sfruttare questo territorio solo per far fruttare le loro rendite, dimenticandoci degli antichi valori della nostra terra e mare, della cultura dei jardina".

martedì 24 novembre 2015

RESISTERE, ORA E SEMPRE



Sicilia: terra degli aranceti, degli ulivi, del sol; terra, purtroppo, anche di mafia. Ogni anno da tutta
Italia partono centinaia di ragazzi per fare volontariato con Libera o altre associazioni in questa
regione. Molti di loro non sanno che verranno smistati tra beni confiscati e beni sequestrati. La
sottile differenza che corre tra i due è che i primi sono stati ufficialmente espropriati al boss, i
secondi aspettano ancora il verdetto finale del processo. Insomma fare volontariato in Sicilia è un
po' come trovarsi nella finale di una partita di tennis quando la pallina sfiora la rete e per qualche
millesimo di secondo tutti rimangono con il fiato sospeso perché non sanno in quale metà campo
cadrà. Ma questo è anche lo spirito del volontariato: impegnarsi e contribuire a un progetto che
vale la pena sostenere nonostante il suo esito sia appeso a un filo.

Quello che colpisce di più è il fatto che tanti giovani si muovono in questi luoghi e si mettono in
gioco impiegando tempo, soldi e fatica nonostante quella percentuale di possibilità di sconfitta.
Sono i giovani delle nuove generazioni, i giovani che non mollano, che non vogliono vedere l'Italia
morire nelle mani di terribili mafiosi, sono i giovani che ancora credono in un futuro migliore e che
si rimboccano le mani per costruirlo, i giovani che si incazzano quando sentono dire "L'Italia ha la
classe politica che si merita" perché loro da italiani sentono di meritare di molto meglio.

Andare in avanscoperta in queste terre significa coglierne i lati più belli e i lati più terrificanti. Il
mare e le montagne in un unico scorcio, il cielo azzurro, le terre brulle, i paesini caratteristici, il
profumo salmastro che si confonde con quello degli aranci, il dialetto siciliano, la granita, gli
arancini, e poi dall'altra parte c'è il vicino mafioso che impreca e si arrabbia se dei ragazzi
cantano e suonano la chitarra, forze dell'ordine invischiate in affari mafiosi, la maggior parte
dell’edilizia coinvolta in attività illecite, giornalisti che vengono ammazzati perché 'sanno troppo'.

Quando ci chiediamo se è possibile estirpare la mafia e ci rispondiamo di no, sbagliamo! Perché
se pensiamo così significa che abbiamo già perso in partenza, che non abbiamo più speranza,
che abbiamo paura. Noi ci arrendiamo e la mafia ha già vinto. A volte dovremmo ricordarci che la
mafia è fatta da persone e le persone sono coscienze e le coscienze possono essere plasmate.
Se fin da piccoli ci insegnano che chiedere il pizzo è giusto, da grande ci sembrerà normale
chiedere il pizzo. Ma se c'è qualcuno che a gran voce grida che chiedere il pizzo è sbagliato,
ammazzare è sbagliato, riciclare denaro è sbagliato, mangiare sulla pelle della gente è sbagliato
e ti mostra un'altra possibilità allora tu ti trovi a un bivio dove devi scegliere se stare dalla parte
giusta o no. La scelta è quella di convertirti alla mafia, di sottostare alle regole del clan, oppure di
dire "No, io non ci sto. Io valgo di più!".
Da soli forse è impossibile, ma insieme si può e se ho
fatto la volontaria in queste zone è anche perché voglio sapere di non essere sola, voglio sentirmi
libera, voglio resistere. E questo è l'augurio che voglio fare anche a tutti voi!
Arianna

mercoledì 4 novembre 2015


"Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un'arma contro la rassegnazione, la paura e l'omertà. All'esistenza di orrendi palazzi sorti all'improvviso con tutto il loro squallore, da operazioni speculative ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perchè in uomini e donne non si insinui più l'abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore"



Questa è una frase celebre di Peppino Impastato, ripresa anche nel film de "I Cento Passi", frase famosa e più volte celebrata.

Le Egadi le amiamo tutti vero, tutti conosciamo le sue bellezze celebrate fin oltre i suoi confini creati dal mare. Ma allora perchè oggi più che mai vedo questa frase, questa affermazione attuale.

Sono Michele Rallo, consigliere comunale di questo arcipelago. Vivo a Favignana anche se lavoro a Trapani. In questi giorni, anzi da divresi mesi vivo la pressione di un piano di lottizzazione che a breve dovrà essere discusso, e quindi approvato o bocciato dal consiglio o la giunta municipale. Quando si tratta di questioni molto importanti e dove ci sono parecchi milioni di euro in ballo, in politica tutto diventa più liquido e non si sa chi deve fare cosa.

Ma a prescindere di chi deve dare il via o definitivamente bocciare questa SPECULAZIONE immobiliare, l'ennesima sulla già piccina isola di Favignana, non riesco a sopportare e tollerare le pressioni che si sta facendo su questa faccenda, che i consiglieri comunali e o chi per loro riceve per far si che questa ennesima speculazione vi si dia inizio. Caso strano vuole che questa richiesta di lottizzazione venga a depositarsi a pochi giorni dell'iter finale che vede finalmente il Piano Regolatore Generale arrivare a traguardo. Forse sarà perchè il PRG non prevede in quell'area delle lottizzazioni? Questo non lo possiamo sapere, ma la sensazione è questa, altrimenti che motivo ci sarebbe di forzare la mano, di cotanta premura di portare questo punto all'ordine del giorno.

E chi sono queste persone, costruttori rispettabilissimi, grandi professionisti che hanno da sempre cementificato il nostro territorio, costruendo case, palazzi, residence e lottizzando aree che una volta erano spazi verdi, terreni coltivati. Però loro danno da lavorare! Vero, ma a chi? Forse a ditte che provengono da Trapani? O qualche briciola resta anche ai favignanesi?

Pure i palazzoni questi signori ci hanno costruito nel passato, li hanno regalati ai posteri, come i borboni hanno regalato la sagoma del castello di s. Caterina. Quando le soprintendenze erano con gli occhi bendati e oggi tutti ci abbiamo fatto l'abitudine, rassegnati a vedere questi obbrobri di cemento, gabbie per grilli, piene di miracolosi ripetitori per cellulari.

Ma allora forse, mi viene da pensare che le nuove ville saranno fatte per i favignanesi, trasferendosi dal palazzone alle nuove abitazioni più belle, e abbattendo il grattacelo dopo che rimarà  vuoto. No, non credo sia così, i favignanesi rimarranno nella gabbia per grilli con in testa tante belle antenne, e le nuove ville saranno vendute a tanti signori dell'alta borghesia che viene da Palermo, Roma, Milano; quelli si che hanno tanti piccioli, quelli si che se lo meritano.

È vero, questo è il progresso, me lo ero dimenticato. Ma è anche vero che il progresso può essere anche di una malattia, di un cancro. E questo per me è il progresso del cancro cemento, del consumo del suolo e della bellezza di questa isola.

In campagna elettorale avevamo detto mai più speculazioni o lottizzazioni, un piano casa per le giovani coppie residenti, edilizia popolare.

Ma ovviamente sono cose difficili da attuare.

Oggi più che mai ritengo che quella frase scritta da Peppino Impastato negli anni settanta a Cinisi, oggi sia aderente alla contemporaneità che viviamo a Favignana, dove dietro ogni angolo ci sono pronti lupi che utilizzano il territorio, la terra come merce. Una volta i nostri antenati la terra era una risorsa, fonte di vita, essa stessa viva. Una villetta bella per quanto possa essere è fredda è una cosa morta. Riscontriamo nel centro storico decine di cartelli vendesi, l'isola piano piano si spopola dei propri residenti, del proprio bagaglio culturale, ma noi continuiamo a voler costruire a tutti costi, facendo crescere la periferia senza soluzione di continuità.

Io sono parte di una rappresentanza di cittadini, quindi chiedo che vengano prima attuati gli strumenti urbanistici adeguati ad una comunità civile che vuol crescere in maniera sostenibile e e abbiano un prospettiva sociale, non solo privatistica, di rendita immobiliare, di ricchezza dei privati.

Questa ulteriore lottizzazione è un'assalto ai beni comuni, se verrà approvata aprirà le porte a tante altre speculazioni lottizzazioni.

Porto qui l'esempio della Francia, un paese latino come il nostro che ha creato una direttiva ove si è deciso di perennizzare il paesaggio, quello agricolo e naturale, mantenendo un appeal turistico importante.

Io dico no a questa lottizzazione, dico di si alla bellezza.



Michele rallo


mercoledì 9 settembre 2015

DIARIO DAL CAMPO DI FAVIGNANA (TP) | 2015


Mauro Rostagno amava mescolare. Suoni e visioni. Culture e religioni. Non ha mai temuto gli esiti di queste mescolanze. Ha portato un pezzo d'India in terra trapanese. Ha portato l'eclettismo sessantottino di un mondo in rivoluzione a Milano, in quel crogiuolo che era Macondo.
Tornato dal campo di Favignana, non ho voluto scrivere nulla a riguardo. Come spesso mi accade, ho bisogno di alcuni giorni per trovare i termini giusti per descrivere un'esperienza di questo genere. Specie quando è così profonda la differenza tra la vita passata nel quotidiano e la vita nel campo. E così, tanto più i giorni sono passati, tanto più ho elaborato. Ho elaborato la mescolanza di storie e dialetti, di interessi e di aspirazioni che si sono incrociate a Casa Macondo. Siamo cresciuti, a Casa Macondo. Rostagno sarebbe stato felice. In suo nome, ancora una volta, mescolavamo frammenti di Italia accomunati da qualcosa. Che chiamerei volontà di riscatto. Che poteva essere personale, di chi si sente in debito verso una società cui chiede tanto ma dà poco. Ma riscatto anche di un'idea. Quella dell'impegno concreto, dal basso. Non dei paroloni, non dei massimi sistemi. Ma dello sporcarsi le mani per rendere più pulita non solo una stanza o una spiaggia, ma una comunità.
A Casa Macondo ho imparato che bastano quattro giorni a creare una ciclofficina da una cava di tufo ricolma di rifiuti. Ho imparato che la mafia sa "mascariare". Ho imparato che la mafia sa uccidere un giornalista di 26 anni che la denuncia senza timori. Ho imparato che la mafia a Trapani è viva e chi non la vede è assopito oppure ne è colluso. Ho imparato che lo Stato stesso può essere fallace e sa confondere la realtà dei fatti. Lo aveva fiutato Mauro Rostagno. Grazie a lui, grazie al giudice Corso che ha redatto la sentenza del processo a suo nome, grazie a chi s'impegna per la verità, abbiamo imparato che il modo vero per rendere lo Stato più pulito è fare. Fare il proprio dovere di giornalista, di giudice, di medico, di impiegato, ma soprattutto di cittadino. Riportare lo Stato alla dimensione di ogni piccola realtà che andiamo a migliorare, e così incarnarlo. Lo incarna Michele, con il suo impegno viscerale nella cosa pubblica locale. Lo incarna Peppe, con il suo impegno nelle associazioni. Lo incarna Carmine, nell'opera di formazione e informazione di cui si fa carico nei nostri confronti. Persone di rara integrità e di fibrillante lungimiranza, che ringrazio di cuore per l'esempio mi hanno dato.
Ero l'unico siciliano tra i volontari, un onere di cui volentieri mi sono fatto carico per l'onore di cui mi sono sentito investito. Il campo ha fatto bruciare le ferite che la mia terra sa infliggere in una persona alla quale sta a cuore la giustizia. Nel ravvivarle, me le ha tuttavia sanate, mostrandomi le maniere per riportare quella giustizia offesa tra noi. Mi ha dato responsabilità. Mi ha rinvigorito la personalità. Parlo per me, ma sento di rappresentare il pensiero di ognuno dei singoli ragazzi che con me ha condiviso questa settimana fuori dal comune, ma che comune - come apertura a sé, agli altri, alla società civile - dovrebbe essere.

Simone Vespa

Casa Macondo. Il cambiamento possibile




Da villa sotto sequestro a luogo di incontro, sperimentazione culturale e tutela ambientale.
A pochi passi dal mare, nell’incantevole cornice dell’isola di Favignana, Casa Macondo racconta una storia di riscatto nei confronti del potere mafioso e porta addosso «un nome che parla di giustizia e libertà», afferma Michele Rallo, Legambiente Egadi, co-gestore del bene confiscato insieme a Libera. Diverse le influenze sulla scelta: un omaggio a Mauro Rostagno, giornalista vittima della mafia che, nel ’77, aprì a Milano un omonimo centro culturale autogestito, ispirato al villaggio di “Cent’anni di solitudine” di Marquez, e il ricordo di Fulvio Sodano, l’ex prefetto di Trapani, conosciuto per il suo coraggio e per essere riuscito a proteggere da nuove infiltrazioni mafiose la Calcestruzzi Ericina, ora gestita da una cooperativa votata alla legalità.
Sporcarsi le mani, con il sorriso. Dall’assegnazione del bene a Legambiente, a maggio 2014, Casa Macondo è diventata un crocevia di persone, parole ed esperienze, dove prendono vita svariate attività culturali, da Radio FML (Favignana Marettimo e Levanzo, le tre isole dell’arcipelago), punto di trasmissione di un palinsesto tutto giovanile, ad Approdi, ricca biblioteca realizzata grazie ai libri donati dai tanti ospiti di passaggio. A Casa Macondo si parla anche di resistenza e giustizia e si vive concretamente la riappropriazione degli spazi, durante i campi di formazione che richiamano volontari da tutta Europa, in cui si ripuliscono sentieri, si piantumano ulivi, si realizzano orti sociali o si bonificano le coste dell’isola. Con la consapevolezza che, quella «settimana fuori dal comune - come scrive un volontario - ha reso più pulite non solo le spiagge, ma l’intera comunità».
«In futuro – conclude Rallo - vorremmo investire in una cooperativa sociale, a dimostrazione che lavorare nel mezzogiorno, con il rispetto dell’ambiente e dei beni comuni, è ancora possibile».
Come si convive, però, sapendo che il bene potrebbe tornare nelle mani del proprietario d’origine? Una cosa è certa. «Anche se, un domani, la villa venisse dissequestrata, – dice una volontaria – casa Macondo continuerebbe a vivere nel cuore di tutti coloro che se ne portano via un pezzetto, per ripiantarlo altrove». Perché, scriveva Marquez, proprio a proposito di Macondo: mas que un hogar, la casa era un pueblo”. Più che una casa, era un popolo.

                                                                                                             Valentina D’Amora

martedì 5 maggio 2015

Cosa Nostra? No, CASA NOSTRA!




Sull’isola di Favignana, “Casa Macondo” è il primo esempio di riutilizzo sociale di un bene ancora sotto sequestro alla mafia siciliana.

L’Arcipelago delle Egadi è un insieme di isole situate nella parte Nord- Ovest della Sicilia, per la precisione nella provincia di Trapani. Marettimo, Levanzo e Favignana costituiscono questo bellissimo arcipelago popolato per lo più da pescatori, dove la natura sembra trovare il suo massimo splendore attraverso un paesaggio nel quale si alternano montagne, boschi ed acque limpide come il cristallo.
Le risorse naturali ed economiche di cui questi piccoli borghi dispongono, attirano, però,di volta in volta gli interessi della criminalità organizzata locale; bisogna, infatti, tenere anche in considerazione la forte la presenza della mafia siciliana, Cosa Nostra, nella provincia di Trapani, base d’azione delle attività dell’attuale Capo dei Capi, Matteo Messina Denaro. Nonostante ciò, nella più grande delle tre isole, Favignana, comune di circa 1.500 abitanti, si sta vivendo una delle esperienze più significative,ed unica in certi aspetti, in tema di antimafia sociale, cittadinanza attiva ed impegno civile. 
“Casa Macondo” è il primo bene,attualmente sotto sequestro alla mafia siciliana, che viene riutilizzato socialmente. Questa villetta estiva, una volta punto d’incontro dei boss mafiosi, grazie all’impegno degli attivisti del Circolo Legambiente e del Presidio Libera delle Egadi e del giudice che ha predisposto l’affidamento del bene, è stata finalmente riconsegnata alla collettività, alla società civile. Durante tutto l’anno si svolgono diversi incontri formativi aperti alla cittadinanza e nei “campi di formazione e d’impegno” organizzati sia da Legambiente che da Libera, è possibile che cittadini provenienti da tutta l’Italia vengano a dare il loro contributo e creare momenti di scambio, che sono il vero motore pulsante della società. 
Il nome Casa Macondo è un omaggio a Mauro Rostagno, giornalista vittima della mafia perché aveva avuto il coraggio di denunciarla. Rostagno, nel suo passato milanese, fu tra i fondatori nel 1977 di un centro culturale punto di riferimento dell’estrema sinistra alternativa chiamandolo proprio Macondo, con riferimento al quartiere dove si svolgono le vicende del celebre romanzo “Cent’anni di solitudine”, scritto dall’autore colombiano Gabriel Garcia Marquez.
Ma la Colombia ritorna ancora una volta nel destino di Casa Macondo quando Michele Rallo, attivista Libera e Legambiente e co-gestore del bene, durante un’esperienza di turismo responsabile in Sud America, si trova catapultato in uno dei più significativi quartieri di Bogotà, Belén. Lì, si trovò a contatto con una realtà povera e disagiata, dove la criminalità organizzata aveva trovato terreno fertile. Nonostante ciò, erano presenti anche delle esperienze di resilienza e riscatto sociale come Casa B (B sta per Belén), uno spazio di mediazione e creazione socioculturale creato da un gruppo di persone incontratesi a Berlino nel 2008 e che hanno deciso di creare questa casa culturale al fine di generare una serie di processi di rete e di aggregazione, partendo dalle dinamiche e dalle necessità della comunità locale. Casa B, quindi, diventa allo stesso tempo esempio e stimolo per Casa Macondo, ispirando la creazione di una biblioteca sociale aperta a tutti “Approdi” ed attraverso le serate di cineforum, prendendo spunto proprio dal “Cinehuerta” di Casa B.
Ancora una volta i destini e le azioni di Europa ed America Latina si intrecciano. Spesso, si crede che sia il vecchio continente a dover essere da esempio per i “cugini” d’oltreoceano, ma in realtà abbiamo visto come gli stimoli e gli interscambi di idee ed esperienze servano ad entrambe le società, nel tentativo di un impegno ed un riscatto sociale dalle ingiustizie e dal crimine organizzato. 

Francesco Quarta

ECCO COSA RIMANE



12 aprile 2015, ritorno dal campo di Libera International.


Tornata ieri notte dal campo di Favignana non riuscivo a prendere sonno per i mille pensieri che mi frullavano in testa e oggi, quando ho disfatto  lo zaino e ho buttato tutto in lavatrice, ho capito che il viaggio era davvero finito.
È stato un viaggio intenso, un incontro con persone favolose che so mi porterò nel cuore, perché ho imparato qualcosa da ciascuno di loro. Un privilegio fantastico.

Adesso arriva il momento di metabolizzare tutto e di spargere le sensazioni di questa esperienza nelle giornate comuni. Questo sarà sicuramente il lavoro più difficile.

Ognuno di noi è arrivato a Favignana portato da motivazioni diverse e abbiamo potuto fare un passo indietro dalla nostra vita e dal nostro mondo per vedere quello a cui teniamo di più.
Sono sicura che almeno una cosa ora la condividiamo tutti: non ci vogliamo arrendere al presente.
Arrendersi al presente vorrebbe dire non essere cittadini, ma spettatori. Preferire la tranquilla quotidianità in cui ci dicono cosa mangiare, cosa fare, cosa sognare cancellando il pensiero critico, il diritto di scelta, la libertà di parola. Ingurgitare tutto quello che ci viene dato e non fare domande.
Un pomeriggio Alessia ha detto che dietro il semplice lavoro della pulizia delle spiagge c'è un grande gesto civico e noi l'abbiamo fatto col sorriso sulle labbra.
Essere cittadina però è molto più faticoso che pulire le spiagge dell'isola perché è un lavoro che dura tutta la vita. Sarò in grado di andare avanti senza mollare mai su niente, sapendo di dare fastidio, di rinunciare a vantaggi personali? in difesa di cosa?
A casa Macondo ho toccato con mano il bene comune e almeno per ora una cosa mi è chiara: se domani dovessi accettare che un privilegio che mi viene concesso dovesse calpestare i diritti di un altro, questo campo sarà stato inutile. Se guardassi senza indignarmi e protestare le ingiustizie che subiscono le persone accanto a me, tutti questi splendidi giorni saranno stati inutili.
Per questo servirebbe una casa Macondo in ogni città e paese: per ricordarci di essere cittadini liberi e responsabili e per ricordarci che si può creare una rete di amicizie e relazioni sincere e autentiche, al di là delle logiche di vantaggi e profitti. Servirebbe una casa Macondo per raccontarci le storie di chi difende i diritti di tutti noi con scelte quotidiane,  semplici e poco spettacolari, ma così concrete... per ricordarci delle molte vittime innocenti di mafia e per scoprire la nostra terra e la sua storia, da Lampedusa a Trento e riconquistare i nostri spazi.
E se un giorno dovesse mai arrivare il dissequestro, sono sicura che casa Macondo continuerebbe a vivere, perché tutti i viaggiatori che la vivono se ne portano via un pezzettino per poi ripiantarlo altrove.

Adele

giovedì 16 aprile 2015

VOLONTARIATO E ANTIMAFIA SOCIALE A "CASA MACONDO" // VOLONTARIAT ET ANTI-MAFIA SOCIALE A' "CASA MACONDO"




  Il campo di Libera International a Favignana / Le chantier de Libera International à Favignana

Impegno sociale, educazione informale, volontariato, dibattiti, cineforum, comprensione dei fenomeni mafiosi in Sicilia e in particolare nella provincia di Trapani, contatto con la natura, laboratori di espressione corporea, incontri con magistrati, prefetti e imprenditori che hanno fatto della legalità e della giustizia sociale il segno distintivo del proprio operato. Tutto questo e molto altro ancora è stato il campo internazionale di volontariato di Libera organizzato nell’isola di Favignana, dal 2 all’11 aprile 2015, nell’abito del programma “E!state Liberi”. 
Il campo si è svolto a “Casa Macondo”, un bene sequestrato a un imprenditore vicino alla mafia. Grazie alla tenacia e all’impegno di Michele Rallo, attivista di Legambiente e consigliere comunale del Comune di Favignana, questa villetta è diventata un crocevia di persone, un patrimonio di storie, un luogo dove far crescere la cultura della tutela dell’ambiente e dell’antimafia sociale. Il bene, affidato al circolo Legambiente delle isole Egadi, ospita ogni anno campi di volontariato organizzati da Legambiente e da Libera.

Il nome “Casa Macondo” è un omaggio a Mauro Rostagno, sociologo e giornalista vittima di mafia vissuto parecchi anni fa anche Trapani, che aveva chiamato così il primo centro sociale d’Italia fondato a Milano nel 1977. A sua volta Mauro Rostagno si era ispirato al villaggio di “Cent’anni di solitudine”, capolavoro del premio Nobel per la letteratura Gabriel Garcia Marquez. Non a caso la letteratura ha un peso molto importante nella “costruzione” di Casa Macondo, che ospita la biblioteca dell’isola “Approdi”. E’ una biblioteca “in costante costruzione”, poichè costituita dai libri donati da tutti i partecipanti ai campi di volontariato che si sono svolti qui. “Vogliamo che chi passa da Casa Macondo non lasci solo valuta, ma anche valori” spiega Michele Rallo.

Sono tante le persone che hanno reso possibile il “miracolo” di Casa Macondo,a cominciare da Piero Grillo, giudice per le misure preventive del tribunale di Trapani, che ha creduto in questo progetto e ha assegnato il bene al circolo Legambiente. Ma vogliamo ricordare anche Giuseppe Campo (responsabile del presidio Libera delle isole Egadi “Fulvio Sodano”), Carmine Iovine (giovane scrittore e responsabile del bene confiscato alla camorra “Asharam” a Castellamare di Stabia, che ospita un presidio di Libera e un circolo Legambiente), Barbara Nicolini e Irene Bakkum (attiviste di Legambiente) e, ovviamente, tutti i volontari che si sono susseguiti in questi anni per rimettere a posto la casa e la incantevole pineta che la circonda, ripulire le spiagge circostanti, incontrare i protagonisti della lotta alla mafia nel trapanese.

Il punto di forza di Casa Macondo è la sua capacità di mettere in rete con le diverse realtà dell’isola e della terraferma, di chiamare a raccolta favignanesi e non per parlare della propria esperienza e dare generosamente una mano nella gestione delle attività quotidiane, dalla pulizia della casa alla preparazione dei pasti, dalla logistica all’organizzazione di attività ricreative: Casa Macondo non è una comunità isolata che si crogiola e si trincera nella fierezza del proprio impegno antimafia, ma èun porto aperto a quanti vogliono contribuire alla crescita di questo progetto. Durante questo campo primaverile abbiamo ricevuto costanti visite da parte dei giovani favignanesi che in passato avevano svolto i campi di Legambiente, ma anche da parte della campionessa italiana di windsurf Laura Linares, originaria di Marsala, una delle atlete italiane che collabora con Libera come testimonial dell’impegno contro la mafia e dell’antidoping.

Inoltre, durante il campo è stato possibile vivere Favignana durante la “bassa stagione”, lontana dall’orda di turisti che da giugno a settembre vedono decuplicare la popolazione dell’isola e che sta mettendo a dura prova l’ecosistema. Le passeggiate in bicicletta lungo sentieri semideserti e la scoperta delle viuzze del centro storico addormentato avevano il sapore di un tesoro prezioso, da gustare nel silenzio rotto solo dal sibilo della gelida Tramontana.

Non è semplice lavorare con la consapevolezza che un giorno Casa Macondo potrebbe essere dissequestrata e tornare nelle mani del suo proprietario di origine. Tuttavia Casa Macondo è molto più di una villetta: rappresenta un modo di vivere la legalità, la dimostrazione che quando un bene ridiventa dello Stato può essere uno spazio utile per la comunità. Inoltre, come primo esempio italiano di utilizzo sociale di un bene sequestrato (non ancora confiscato) alla mafia, ha rappresentato un apripista per altre esperienze analoghe che nel frattempo di stanno svolgendo nella stessa Sicilia.

Il campo a Casa Macondo è stato caratterizzato non solo da attività per comprendere meglio le dinamiche locali che portano a episodi di abusivismo, mafia, illegalità, degrado ambientale e abbandono, ma anche da momenti di formazione per approfondire le tematiche su cui lavora da oltre quattro anni Libera International, il laboratorio che opera nel campo di formazione, progettazione, advocacy, campagne di sensibilizzazione. Due referenti di Libera International, presenti per tutta la durata del campo, hanno offerto ai partecipanti una ampia panoramica sulla presenza di organizzazioni criminali internazionali e sulle ramificazioni internazionali di mafia, camorra e ‘ndrangheta; hanno analizzato le infiltrazioni mafiose nei fenomeni migratori, dalla tratta degli esseri umani alla gestione dell’accoglienza una volta che i migranti arrivano sul suolo italiano; hanno presentano le esperienze internazionali di antimafia sociale come ALAS in America Latina, CauceCiudadano in Messico, Casa B in Colombia.

Restando in tema di accoglienza ai migranti, Salvatore Inguì – coordinatore di Libera nella provincia di Trapani – ha parlato della positiva esperienza di “Ciao Ousmane” a Campobello di Mazara, un ex oleificio confiscato alla mafia trasformato per alcuni mesi in campo di accoglienza per i lavoratori stagionali provenienti da ogni parte dell’Africa (senegalesi, sudanesi, ghanesi,tunisini e marocchini) per la raccolta delle olive da tavolada spremitura. Generalmente il numero di questi lavoratori può toccare picchi di 900-1000 unità. Restano accampati nelle periferie della città, senza acqua corrente ed energia elettrica, trovano riparoin baracche costruite con quanto si trova nelle discariche: cartoni, ferraglia, lastre di eternit. La precarietà abitativa e igienica in cui vivono genera malattie nei migranti, malcontento della popolazione (spesso aizzata dal populismo di politici in campagna elettorale). A volte accadono vere e proprie tragedie come quella di Ousmane, il giovane senegalese ucciso dalle ustioni riportate in seguito all’esplosione di una bombola per cucinare. Il campo di accoglienza era stato dedicato alla sua memoria. 

Ma questa situazione non è esclusiva di Campobello di Mazara: i migranti si spostano nello stivale seguendo le stagioni di raccolta di vari generi alimentari. Sono a Caserta e a Foggia per i pomodori,a Rosarno per le arance,a Pachino per i ciliegini e a Campobello per le olive. “Ciao Ousmane” ha rappresentato un valido tentativo di offrire condizioni abitative più decenti a questi migranti lavoratori a cottimo, abituati - fino a quel momento - a vivere in condizioni disperate e pericolose per la propria incolumità, come ha dimostrato la tragica morte di Ousmane. Inoltre è stata una esperienza di collaborazione fra lo Stato e varie realtà associative attive sul territorio trapanese, nonché una spina nel fianco della mafia che avrebbe voluto rimettere le mani sull’oleificio sottratto. 
 
Si è parlato di accoglienza ai migranti anche durante l’incontro con il prefetto Leopoldo Falco a Casa Macondo, un altro momento formativo e informativo di grande intensità. Il prefetto, che vanta una lunga esperienza in territori caratterizzati dalla forte presenza della criminalità organizzata (è stato commissario straordinario presso il Comune di Salemi sciolto per infiltrazioni mafiose e presso il comune di Parghelia, in Calabria), ha raccontato dell’impegno della prefettura per gestire in modo legale gli appalti per gestione dell’accoglienza dei migranti arrivati sulle coste trapanesi negli ultimi anni, delle infiltrazioni mafiose nel settore delle fonti di energia rinnovabile (fotovoltaico) e della creazione dei campi eolici, della fatica per diffondere una cultura della legalità e della giustizia sociale. 
Altro momento di forte impatto emotivo è stata la partecipazione a una udienza del processo dedicato alla trattativa Stato-mafia nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo. Si tratta di uno dei processi più importanti degli ultimi anni per fare luce sulle insane connessioni esistenti negli anni Novanta fra Cosa Nostra, forze dell’ordine, massoneria, servizi segretideviati, politica, istituzioni. Accolti dai referenti di Libera Palermo e Libera Sicilia, i partecipanti al campo hanno assistito a una parte del processo e poi hanno visitato la bottega di Libera di piazza Politeama, nel cuore pulsante di Palermo, per conoscere i progetti che il presidio porta avanti sul territorio.

Il campo si è concluso con una visita fondamentale per comprendere in che modo si può concretamente sconfiggere il potere mafioso e reimmettere nel circolo dell’economia legale una azienda confiscata alla mafia. La Calcestruzzi Ericina Libera, sottratta al boss mafioso Vincenzo Virga, è ormai un esempio a livello nazionale di gestione virtuosa di una azienda che ha rischiato il fallimento a causa di una scorretta gestione durante il periodo di amministrazione giudiziaria (1996-2000)e a causa del boicottaggio di cui è stata vittima. Giacomo Messina, presidente della cooperativa dei lavoratori che oggi gestisce la Calcestruzzi Ericina Libera, ha parlato della perseveranza dei lavoratori che si sono costituiti in cooperativa (trasformando il proprio TFR in capitale sociale) e della lotta per restare sul mercato ed essere apprezzati nonostante i prezzi al ribasso di altre aziende che risparmiano sulla sicurezza dei lavoratori o sulle procedure di realizzazione del calcestruzzo. Ma soprattutto ha ricordato la figura del prefetto Fulvio Sodano, che ha svolto un ruolo fondamentale nella rinascita della Calcestruzzi Ericina Libera. Sodano è senza dubbio una delle personalità più rilevanti in Sicilia nella lotta alla mafia. Fra le altre cose, a lui si deve infatti la convocazione degli imprenditori per domandare che, a parità di prezzo del calcestruzzo, gli appalti venissero affidati all'impresa confiscata alla mafia. 

Il resto della storia è tristemente nota. Nel luglio del 2003, all'indomani di quella riunione, Sodano fu trasferito improvvisamente ad Agrigento e fu aspramente accusato da Antonio D’Alì, senatore originario di Trapani e all’epoca dei fatti sottosegretario agli Interni del governo Berlusconi, di aver turbato la libera concorrenza di mercato. Oggi D’Alì è sotto accusa per concorso esterno in associazione mafiosa e in particolare per i suoi rapporti con il clan Messina Denaro a Trapani. I suoi rapporti sono stati dimostrati fino al 1994, ma il reato è caduto in prescrizione. Per ciò che è accaduto dal 1994 in poi, D’Alì è stato assolto e l’accusa ha fatto ricorso in appello. Uno dei due pm che rappresentano l’accusa è Andrea Tarondo, oggi sostituto procuratore al Tribunale di Trapani, presente all’incontro presso la Calcestruzzi Ericina Libera. Ha definito l’azienda “Un autentico campo di battaglia fra lo Stato e la mafia, in cui lo Stato ha vinto”.Tarondo, che vive da quasi da vent’anni in Sicilia e conosce ormai bene le modalità con cui Cosa Nostra è penetrata nell’economia e ha iniziato a fare affari con le grandi aziende, ha descritto le peculiarità della mafia trapanese, caratterizzata da collusioni con massoneria deviata, da una profonda penetrazione nel cuore delle istituzioni (consigli comunali, funzionari, forse dell’ordine, fisco), da un approccio teso alla creazione di un tessuto sociale connivente, da una vocazione all’imprenditorialità che mira a colonizzare interi settori produttivi. Ad esempio quello del calcestruzzo, un business fondamentale in Sicilia perché implica appalti truccati, corruzione dei funzionari pubblici, elargizione di posti di lavoro per garantirsi un cospicuo elettorato, gestione della catena dei fornitori. 
“La Calcestruzzi Ericina è stata una esperienza che ha fatto scuola dal punto di vista investigativo e ci ha fatto comprendere in che modo la mafia cerca di riappropriarsi del bene per vie traverse anche dopo la sua confisca”, ha spiegato Tarondo, “Questo conferma che non è sufficiente confiscare un bene, ma occorre creare le condizioni affinchè sia rimesso in circolo e porti ricchezza alla comunità, come una specie di risarcimento per la deprivazione economica, sociale ed etica inferta dalla mafia”.



Questi sono alcuni degli stimoli che il campo di Libera International ha offerto ai partecipanti. Un patrimonio importante con cui tornare a casa, su cui riflettere e con cui continuare ad alimentare – giorno dopo giorno – il proprio impegno nell’antimafia.

                                                                                                            


Engagement citoyen, éducation informelle, volontariat, débats, rencontres cinématographiques, compréhension des phénomènes mafieux en Sicile et en particulier dans la province de Trapani, contact avec la nature, laboratoires d'expression corporelle, rencontres avec magistrats, préfets et entrepreneurs qui ont fait de la légalité et de la justice sociale leur signe distinctif. Le chantier international de bénévolat de Libera, organisé sur l'île de Favignana du 2 au 11 avril 2015 dans le cadre du programme « E!stateLiberi » a été tout cela et bien plus encore.
Le chantier s'est déroulé à « Casa Macondo », un bien séquestré à un entrepreneur proche de la mafia. Grâce à la ténacité et à l'engagement de Michele Rallo, un activiste de Legambiente et conseiller municipal à Favignana, cette maison s'est transformée pour devenir un lieu de rencontre, un patrimoine d'histoires, un lieu où faire vivre la culture de la sauvegarde de l'environnement et de l'anti-mafia sociale. Le bien, confié à l'antenne Legambiente des îles Egades, accueille chaque année des chantiers de bénévolat organisés par Legambiente et Libera.

Le nom « Casa Macondo » est un hommage à Mauro Rostagno,sociologue et journaliste victime de mafia. Il avait vécu il y a quelques années de cela à Trapani également et avait donné le nom de « Macondo » au premier centre social d'Italie qu'il avait fondé à Milan en 1977. Mauro Rostagno s'était inspiré du village de « Cent ans de solitude », chef d'oeuvre du prix Nobel de littérature Gabriel Garcia Marquez. Ce n'est donc pas un hasard si la littérature a un poids très important dans la« construction » de Casa Macondo, qui héberge la bibliothèque de l'île « Approdi ». C'est une bibliothèque en constante évolution puisqu'elle est constituée de livres apportés par les participants aux divers chantiers de bénévolats. « Nous souhaitons que ceux qui passent par Casa Macondo ne laissent pas seulement une plus-value, mais apportent leurs valeurs » explique Michele Rallo.

Les personnes qui ont rendu possible le « miracle » de Casa Macondo sont nombreuses, à commencer par Piero Grillo, juge aux mesures préventives du tribunal de Trapani, qui a cru en ce projet et a confié le bien à l'antenne locale de Legambiente. Mais il faut aussi parler de Giuseppe Campo (responsable de l'antenne des îles Egades de Libera intitulée à Fulvio Sodano), Carmine Iovine (jeune écrivain, responsable du bien confisqué à la camorra « Asharam »à Castellammare di Stabia, qui héberge les antennes locales deLibera et de Legambiente), Barbara Nicolini et Irene Bakkum(activistes de Legambiente) et évidemment de tous les bénévoles qui se sont succédé ces dernières années pour remettre en état la maison et la pinède enchanteresse dans laquelle elle se trouve,nettoyer les plages des alentours, participer aux rencontres avec les protagonistes de la lutte contre la mafia de la zone de Trapani.

La force de Casa Macondo, c'est sa capacité à mettre en réseau les réalités différentes de l'île et de la terre ferme, à réunir les habitants de Favignana et d'ailleurs pour parler de leur expérience et aider à la gestion des activités quotidiennes :du ménage dans la maison à la préparation des repas, de la logistique aux diverses activités organisées. Casa Macondo n'est pas une communauté isolée qui se retranche dans l'orgueil de son engagement anti-mafia. C'est au contraire un port ouvert à tous ceux qui souhaitent contribuer à faire grandir ce projet. Pendant ce chantier printanier, nous avons eu la visite constante de jeunes habitants de l'île qui avaient dans le passé déjà participé aux chantiers de Legambiente, mais également de la championne italienne de windsurf Laura Linares originaire de Marsala, une des athlètes italiennes qui collabore avec Libera, protagoniste de l'engagement contre la mafia et le dopage.

Par ailleurs, pendant le chantier nous avons eu la chance de voir et vivre Favignana en « basse saison », loin des hordes de touristes qui démultiplient la population de juin à septembre et qui mettent à l'épreuve l'écosystème. Les balades en vélo le long de sentiers à moitié déserts et la découverte des ruelles du centre historique endormi ont eu la saveur d'un trésor précieux,dont on a pu profiter dans le silence, brisé seulement par le sifflement de la tramontane glacée.

Travailler en étant conscients que Casa Macondo pourrait un jour retourner dans les mains de son propriétaire d'origine n'est pas simple. Mais Casa Macondo est bien plus qu'une petite villa : elle représente un mode de vie, dans la légalité ; elle démontre que lorsqu'un bien revient entre les mains de l'Etat il peut devenir un lieu utile à la communauté. Par ailleurs, étant le premier exemple italien d'utilisation sociale d'un bien séquestré (et pas encore confisqué)à la mafia, il constitue un lieu pionnier incitant à faire des expériences similaires.

Le chantier à Casa Macondo a été caractérisé non seulement par des activités permettant de mieux comprendre les dynamiques locales qui mènent vers les abus, la mafia, l'illégalité, la dégradation de l'environnement, mais également par des moments de formations afin d'approfondir les thématiques sur lesquelles Libera International travaille depuis plus de quatre ans, un laboratoire qui agit dans le domaine de la formation, des projets, du plaidoyer et des campagnes de sensibilisation. Deux représentants de Libera International,présents pendant toute la durée du chantier, ont donné aux participants une vue d'ensemble sur la présence des organisations criminelles internationales et les ramifications internationales de la mafia, la camorra et la 'ndrangheta. Ils ont analysé les infiltrations mafieuses dans les phénomènes migratoires, de la traite des êtres humains à la gestion de l'accueil une fois les migrants arrivés sur le territoire italien ; ils ont présentés des expériences d'anti-mafia sociale au niveau international, comme celle d'ALAS en Amérique Latine, CauceCiudadano au Mexique ou Casa Ben Colombie.

Toujours sur la thématique de l'accueil des migrants, Salvatore Inguì (coordonateur de Libera dans la province de Libera) nous a parlé de l'expérience positive de « Ciao Ousmane » à Campobello di Mazara, une ancienne huilerie confisquée à la mafia et transformée pendant quelques mois en centre d'accueil pour travailleurs saisonniers originaires de toute l'Afrique (sénégalais,soudanais, ghanéens, tunisiens et marocains) venus pour la récolte des olives. En général le nombre de travailleurs peut atteindre 900à 1000 personnes. Ils sont parqués dans les périphéries des villes, sans eau potable et sans électricité, ils trouvent refuge dans des cabanes construites à l'aide de matériaux récupérés dans les décharges : carton, ferraille, tôle. Une telle précarité génère maladies et mécontentement de la population(souvent encouragée par le populisme de politiques en campagne électorale). Parfois, des tragédies ont lieu, comme celle d'Ousmane, jeune sénégalais mort à la suite de brûlures contractées lors de l'explosion d'une bonbonne de gaz utilisée pour faire la cuisine. Le centre d'accueil temporaire lui a été dédié.
Mais cette situation n'est pas propre à Campobello de Mazara : les migrants se déplacent dans toute la botte, suivant les récoltes des différents produits. Ils se rendent à Caserte et à Foggia pour les tomates, à Rosarno pour les oranges, à Pachino pour les cerises et à Campobello pour les olives. « Ciao Ousmane »représente une tentative valable d'offrir des conditions de vie plus décentes à ces migrants travailleurs précaires, habitués – au moins jusque là – à vivre dans des conditions de misère, sans garantie pour leur sécurité comme l'a démontré la mort tragique d'Ousmane. En outre, cela représente une expérience de collaboration entre l'Etat et diverses réalités associatives en activité dans la zone de Trapani, mais également et surtout une épine plantée dans les flancs de la mafia qui aurait bien sûr souhaité remettre la main sur l'huilerie.

Nous avons parlé d'accueil des migrants également lors de la rencontre avec le préfet Leopoldo Falco à Casa Macondo, un autre épisode intense de formation et d'information. Le préfet, fort d'une longue expérience dans les territoires caractérisés par une présence marquée de la criminalité organisée (il a été commissaire extraordinaire auprès de la municipalité de Salemi qui avait été dissoute à la suite d'infiltrations mafieuses, mais également auprès de la municipalité de Parghelia, en Calabre), nous a conté l'engagement de la préfecture pour une gestion en toute légalité du marché de l'accueil des migrants arrivés sur les côtes de Trapani ces dernières années. Il nous a aussi parlé des infiltrations mafieuses dans le secteur des énergies renouvelables(le photovoltaïque par exemple) et de la création des champs d'éolienne, ainsi que de la difficulté à diffuser cette culture de la légalité et de la justice sociale.
Un autre moment riche en émotion fut la participation à une audience du procès dédié à la collusion entre l'Etat et la mafia dans la salle-bunker de la prison Ucciardone de Palerme. Il s'agit de l'un des procès les plus importants des dernières années, qui devrait permettre de faire la lumière sur les connexions malsaines qui existaient dans les années 90 entre Cosa Nostra, les forces de l'ordre, la franc-maçonnerie, les services secrets, la politique et les institutions. Nous avons été accueillis par les responsables deLibera Palerme et Libera Sicile, et après avoir assisté à une partie du procès, nous avons pu visiter la boutique de Libera qui se trouve Piazza Politeama, au cœur de Palerme, afin de connaître les projets menés par l'antenne locale sur son territoire.

Le chantier s'est conclu par une visite fondamentale pour comprendre de quelle manière nous pouvons vraiment combattre le pouvoir mafieux et remettre dans les rouages de l'économie légale une entreprise confisquée à la mafia. La Calcestruzzi Ericina Libera (entreprise de béton), retirée au boss mafieux Vincenzo Virga, constitue désormais pour toute l'Italie un exemple de gestion vertueuse d'une entreprise qui a risqué la faillite à cause d'une mauvaise gestion lors de la période de mesure d'administration judiciaire (de 1996 à2000) et du boycott dont elle a été victime. Giacomo Messina, le président de la coopérative de travailleurs qui gère désormais l'entreprise, a parlé de la persévérance des travailleurs qui ont formé une coopérative (transformant leur indemnité de licenciement en capital social) et lutté pour rester sur le marché et être apprécié malgré les prix au rabais d'autres entreprises qui font des économies sur la sécurité des travailleurs ou sur les procédures de réalisation du béton. Mais il a surtout rappelé à notre souvenir la figure du préfet Fulvio Sodano, qui a joué un rôle fondamental dans la renaissance de l'entreprise. Sodano est sans aucun doute l'un des personnages plus importants dans la lutte contre la mafia en Sicile. Entre autres choses, nous lui devons en effet d'avoir fait convoquer les entrepreneurs pour demander que, à la faveur d'un prix unique du béton, les travaux soient confiés à l'entreprise confisquée à la mafia.
La suite de l'histoire est tristement connue. En juillet 2003, au lendemain de cette fameuse réunion, Sodano fut subitement transféré à Agrigento et durement accusé par Antonio D'Alì - sénateur originaire de Trapani et à l'époque des faits sous-secrétaire d'Etat à l'Intérieur, dans le gouvernement Berlusconi, d'avoir perturbé la libre concurrence. Aujourd'hui, D'Alì est mis sous accusation pour concours externe en association mafieuse et en particulier pour ses rapports avec le clan Messina Denaro à Trapani. Ses rapports ont été démontrés jusqu'en 1994, mais il y a désormais prescription. Pour les faits postérieurs à 1994, D'Alì a été acquitté et l'accusation a fait appel devant la cour administrative. Andrea Tarondo, présent lors de la rencontre à la Calcestruzzi Ericina Libera et aujourd'hui substitut du procureur auprès du tribunal de Trapani, incarne l'un des deux parquets qui représentent l'accusation. Selon ses propres mots l'entreprise constitue « un vrai champ de bataille entre l'Etat et la mafia,et c'est l'Etat qui a gagné ». Tarondo, qui vit depuis près de vingt ans en Sicile et connait désormais très bien les modalités d'infiltration de Cosa Nostra dans l'économie et la manière dont elle a commencé à faire affaire avec de grandes entreprises, a décrit les caractéristiques de la mafia de Trapani : collusion avec une franc-maçonnerie dévoyée, pénétration profonde dans le cœur des institutions (conseillers municipaux, fonctionnaires,forces de l'ordre, fisc), approche visant la création d'un tissu social complice, vocation d'entrepreneurs dans le but de coloniser des secteurs entiers de production. Par exemple, le secteur du béton,un business fondamental en Sicile parce qu'il implique des chantiers truqués, tout comme la corruption de fonctionnaires publics, la majoration des postes de travail pour s'assurer un large électorat et la gestion de la chaîne des fournisseurs.
« La Calcestruzzi Ericina est une expérience qui représente un modèle du point de vue de l'investigation et qui nous a fait comprendre de quelle manière la mafia tente de se réapproprier les biens à travers des voies illégales, même après qu'ils ont été confisqués » a expliqué Tarondo. « Cela confirme qu'il ne suffit pas de confisquer un bien, mais qu'il faut aussi créer les conditions pour qu'il soit remis en selle et porte richesse à la communauté, comme une sorte de dédommagement face aux privations économiques, sociales et éthiques infligées par la mafia ».

Voilà quelques unes des impulsions offertes aux bénévoles lors du chantier de Libera International. Un patrimoine important que nous pouvons emporter avec nous, qui va nous aider à réfléchir et à continuer à alimenter, jour après jour, notre engagement dans le domaine de l'anti-mafia.

Di Tiziana Sforza
Traduit par Véronique Strobel





Per approfondire/ Pour aller plus loin:
 

http://www.calcestruzziericina.it/

http://it.wikipedia.org/wiki/Fulvio_Sodano http://www.liberainformazione.org/2015/03/09/nel-nome-di-fulvio-sodano/

http://it.wikipedia.org/wiki/Trattativa_tra_Stato_italiano_e_Cosa_nostra

https://www.facebook.com/presidio.libera.asharam?fref=ts

http://www.liberainformazione.org/2014/11/08/bene-confiscato-ai-boss-diventa-centro-daccoglienza-per-lavoratori-stagionali/

http://www.prefettura.it/trapani/contenuti/47297.htm